In un passato neanche troppo lontano sono stato un grande appassionato di viaggi, mi sono anche preso delle soddisfazioni in questo senso, ma mi sono sempre domandato se e come sarebbe stato possibile conciliare degli spostamenti, anche importanti, con una famiglia, magari numerosa, Paolo sembra rispondere, virtualmente, a queste mie domande e non solo, un intervista molto interessante con qualche sorpresa.
Paolo, 44 anni, padre di Federica (16), Chiara (14) e Camilla (12).
Immediatamente dopo essermi laureato, nel 1995, sono andato a Londra dove sono rimasto per un anno e mezzo. Poi sono andato a Parigi (dove avevo già vissuto da studente per due anni) e Giulietta, mia moglie, mi ha raggiunto lì. Siamo rimasti in Francia per diversi anni e nel 2005 siamo partiti per Tokyo, dove abbiamo vissuto per 3 anni. Dal Giappone si è fatta una tappa in India, a Chennai, per un anno, e poi di nuovo a Parigi per altri tre anni. Ad inizio 2012 sono partito per San Francisco, il resto della famiglia è arrivato qualche mese dopo. Siamo ancora qui e probabilmente ci rimarremo un po’.
Una giornata tipo di Paolo?
Mah, direi che una giornata tipo (quando non viaggio) è:
Uscita di casa alle 7:20, 25′ di tragitto in macchina per andare a lavoro. Di solito la giornata è molto piena, cerco di prendermi 15′ per mangiare qualcosa che di solito Giulietta ha preparato per la lunchbox delle ragazze (se non c’è scuola mi devo arrangiare altrimenti). Continuo a lavorare fino verso le 19:30 e sono a casa alle 20:00. Le ragazze, in settimana, hanno mangiato. Giulietta mi aspetta sempre, anche quando arrivo molto più tardi.
Quali differenze nei vari paesi dove siete stati dal punto di vista del rapporto padre-figlie?
In Francia direi che non ci sono cliches del tipo “il papà gioca al pallone con il figlio maschio”, i papà giocano con bambini e bambine senza tabous. Io ho sempre giocato con le mie figlie: giochi di società, giochi di equilibrio in giardino o sul letto. Non ho mai giocato all’elastico ne alla maestra che io mi ricordi.
In Giappone i padri si occupano ben poco dell’educazione dei figli, è compito delle madri (che vivono letteralmente in simbiosi con i pargoli per i primi 5 anni). In India è diverso, la società è assai matriarcale ma le figlie femmine crescono molto nell’universo femminile della casa. I ragazzini giocano tutti (ma proprio tutti) a cricket, vero sport nazionale e che si può improvvisare con un pezzo di legno rotto ed una palla da tennis usata.
Negli Stati uniti seguire i figli nelle loro attività sportive è una vera e propria religione. Lo sport è visto come parte integrante dell’educazione (Basti pensare che si può entrare -grazie allo sport- e se si è ad alto livello agonistico nelle più prestigiose università). Di solito il sabato è dedicato a seguire le competizioni: Baseball (poco), Soccer (molto), lacrosse, nuoto, … in generale sport di squadra ma non solo.
Quali differenze hai riscontrato come padre con le sue tre figlie? (generalmente si è molto puntiglioso coi primi per poi lasciarsi andare con il secondo e sbragare col terzo e via dicendo…)
Ovviamente si è molto esigenti con il primo. Ci ho messo un pò ad accorgermene ma è vero. Altrettanto ovviamente si commettono degli errori quando si educa i propri figli ed è con i primi che se ne commettono di più e ciò fa si che si abbia l’imprssione di essere ancora più duri e severi con i primogeniti. Con i seguenti si apprende a smussare qualche angolo ed ovviamente i secondi e terzi osservano e si fanno furbi: evitano cautamente il terreno minato su cui hanno visto il primo imbattersi e cercano delle vie alternative, schivano e sono più furbi. Insomma, credo che effettivamente con i primi si sia più severi ma più per mancanza di esperienza.
Quali attività nel fine settimana?
Qui a San Francisco io passo un giorno del WE in barca (a vela), a Chiara e Federica piace molto e quando possibile vengono con me, al contrario di Camilla generalmente comunque qui la vita è molto all’aria aperta: pic nic, si può andare al mare (ma non fare il bagno! ci sono 13 gradi nell’acqua e gli squali…),
Come te la cavi in cucina? Qualche esperienza legata ai vari paesi dove avete vissuto?
Mi è sempre piacito cucinare e penso di cavarmela bene. Fin da quando le mie figlie erano molto piccole abbiamo sempre cucinato insieme: dolci o carni per lo più. La geografia ha un’influenza sulla nostra alimentazione ma ci sono dei fondamentali che ritornano sempre e che hanno subito poche influenze locali.
La Francia ci ha dato il gusto a buon pane ed al burro davvero giallo, ricco, saporito (non sarà sano… ma che buono!)
Il Giappone ci ha fatto scoprire il pesce crudo e le marinate di soja
Gli Stati Uniti il barbecue che si chiude: la carne non secca, resta gustosa e succulenta.
Esiste un “metodo Paolo” nell’ educazione di tre figlie? Qualche consiglio?
Mi guardo bene da dare consigli sull’educazione. Quelli che ne danno sono spesso quelli che ne sanno di meno o che non hanno figli.
Quale rapporto fra te, le ragazze e lo sport, cultura, attività?
Con Federica parliamo di tutto e spesso ci appassioniamo per gli stessi libri, è piacevole parlarne insieme.
Con Chiara abbiamo la passione della fotografia in comune e le piace molto venire in barca.
Con Camilla, che è una creativa, mi piace fare delle attività manuali
Divergenze con la moglie riguardo l’ educazione o alcune scelte?
Ovviamente… ma nulla di fondamentale, è importante essere ben d’accordo su quello che si decide di lasciar correre e quello che non deve e non può passare. E poi tenersi strettamente a questi principi (ed è la parte più difficile)
Quale rapporto con la tecnologia?
In casa nostra, non abbiamo mai avuto televisione. Le ragazze, da quando siamo negli USA, guardano qualche trasmissione in streaming sull’iPad. Non possono uscire di casa senza telefono ma non telefonano mai. Quando le chiami non rispondono.
Facebook è per i vecchi (bene, non ho mai avuto un profilo) o per chiedere i compiti, usano pochissimo le mail ma enormemente gli SMS. Per le foto, Instagram e per quelle buffe Snapchat. Il tutto ha un ciclo di 6-12 mesi, questa è la situazione ad oggi, fra qualche mese tutto ciò sarà già “has been”
Paolo, cosa significa per te essere padre?
Sono diventato padre presto (per la media italiana): a 27 anni. Sono contento di aver vissuto l’infanzia delle mie figlie con energia e passione. Essere padre di adolescenti ti obbliga a rimetterti in discussione quotidianamente, la scelta delle battaglie, far evolvere il modo di comunicare per mantenere una certa complicità, un contatto stretto ma senza essere intrusivi. E’ difficile e si sbaglia sovente… e c’è così poco tempo. Il tempo vola, i figli sono grandi e non ce se siamo quasi accorti. Penso che quando Federica partirà da casa si entrerà in una nuova dimensione: quella del padre che c’è ma che non c’è quotidianamente. Un altro challenge, tutto da imparare.
La parte del blog relativa alle interviste ad altri padri non è sempre facile, spesso è necessario un lungo corteggiamento, altre volte (la maggior parte), i miei inviti cadono nel vuoto a volte però ci si imbatte casualmente in un blog, si manda una mail per sondare il terreno, per chiedere se la cosa può interessare ed ecco che nel giro di un paio di giorni ottengo un intervista molto interessante, racconto questo perché ciò che traspare dalle risposte di Paolo è una persona “veloce”, nel senso anglosassone del termine, vorrei ringraziare anche Giulietta che ha permesso tutto ciò facendo da tramite, se volete seguire le avventure di questa famiglia potete farlo sul suo blog, icerrutiinindia.blogspot.it