C’ eravamo tanto amati

Fine-di-un-amore

Sono ormai un paio di mesi che circolava quest’ indiscrezione, ora la notizia è ufficiale, si separano! Stacy e George? Wendi e Rupert? Gigi e Alena? Niente di tutto ciò, semplicemente un mio carissimo amico e la sua compagna hanno deciso di comune accordo di porre fine alla loro convivenza, i nomi non sono importanti, sono la coppia della porta accanto e non è certo per pettegolezzo che ne parlo, è pittosto un fatto che mi ha dato molto da pensare, Lui e Lei (li chiamerò così), erano la classica coppia su cui chiunque avrebbe scommesso il suo ultimo euro,

molto affiatati, una convivenza decennale, 2 bellissimi figli, pochi grilli per la testa e per certi versi un esempio per la nostra cerchia di amici, non posso certo nascondere di essere letteralmente caduto dal pero quando, tempo fa, Lui mi ha confidato che ormai la loro storia era ai titoli di coda, “Ho lo zaino già pronto, appena potrò permettermi una sistemazione dignitosa me ne andrò…” Queste parole mi hanno trasformato in una statua di sale, non entrerò nel merito della cosa per il rispetto delle persone coinvolte e perché non è qui il nocciolo della riflessione, il punto è che in momenti come questi in cui i giornali sono zeppi (aimè), di fatti di cronaca nera in cui i protagonisti sono mariti o compagni che si macchiano del peggiore dei crimini, l’ omicidio, ecco che la lucidità di un uomo che, in tutta onestà dice “È finita, avrei preferito diversamente ma è andata così, ora conviene concentrarsi sui figli per il loro bene…”, fa una certa impressione, da una parte dispiace per la separazione, dall’ altra mi pare onesto dire che le divisioni sono all’ ordine del giorno, quello che fa la differenza, proprio al giorno d’ oggi, è il “come”, c’ è modo e modo, questo è quello scelto da una persona che conosco da molti anni, questo è il modo “normale”, questo è l’ esempio che porterò ai miei figli. Io non sono uno psicologo e ben mi guardo dal dare consigli in questo senso ma so leggere e quello che leggo mi lascia molto perplesso, titoloni con il mostro in prima pagina (nome, cognome, e ogni dettaglio possibile immaginabile su amici e parenti fino al settimo grado), giudizi sommari, l’ immancabile tuttologo che spiega il perché di una profonda crisi d’ identità dell’ uomo nella società moderna per chiudere con la solita frase scontata “Una persona normale, una vita tranquilla bla bla bla”, ecco, la separazione del mio amico è “normale”, non uno che ammazza la moglie! I giornali (e chi li legge), farebbero bene a tenere più a bada la loro morbosità, rispettando magari quella che è a tutti gli effetti una tragedia, interrogandosi su cos’ è questa tanto abusata “normalità”, è forse la società stessa che va giudicata? Quella Italiana purtroppo non è l’ unica in cui accadono tragedie simili e anche riguardo la questione temporale ho più di qualche dubbio, fra le mie passioni c’ è sempre stata quella del cinema , Michelangelo Antonioni per intenderci, Il grido, 1957, anni in cui probabilmente non ci si poteva permettere alcuna pena d’ amore, eppure il film narra proprio la sofferenza di un uomo, di un operaio, in tale senso, fino al gesto più estremo, il suicidio, ricordo anche d’ aver letto le critiche del tempo, alcune molto feroci quasi si volessero censurare le debolezze di un uomo (uomo, operaio nel 1957!), quando si parla di sentimenti, mi chiedo dunque quale sia il cambiamento al quale l’ uomo non ha sapute stare al passo, o cosa s’ intenda con normalità, come già spiegato io di risposte non ne ho, dico solo che tanto i miei amici sono stati un esempio come coppia tanto lo sono in questa (ultima) fase della loro unione, grazie e in bocca al luper per tutto.

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