Qualche settimana fa, ad una cena, sono stato coinvolto da un’ amica in un “pour parler” a proposito della morte di parecchie star nel recente passato, uno dei commensali si è detto particolarmente dispiaciuto per la scomparsa di David Bowie, a domanda diretta io ho dovuto dissentire da tale posizione, affermando che, a mio parere, il buon David ci ha salutato al termine di una grande carriera e visto che, primo o poi, di morire tocca a tutti, io proprio distrutto dal dolore non riesco ad esserlo. Mi è stato fatto notare che l’ ultimo lavoro di Ziggy era la dimostrazione che l’ artista aveva ancora molto da dire e che quindi, in effetti, c’ erano più di una ragione per essere dispiaciuti, io ho replicato di aver sviluppato un’ idea assolutamente personale riguardo la morte e in particolare “il momento giusto” ma per evitare di rovinare la serata agli ospiti ho preferito far cadere la cosa.
L’ argomento però non è caduto nel vuoto e per me è stato fonte di riflessione, anche perché quando si parla di morte, purtroppo, confesso di aver raggiunto un grado di lucidità abbastanza alto. Ne avrei fatto volentieri a meno, Dio solo sa quanto vorrei poter stra-parlare di morte come sento fare un giorno si e uno anche ma purtroppo la vita ha voluto diversamente e la mia sopravvivenza è dovuta, anche, alla profonda e continua, riflessione riguardo la morte, il perché, il momento e tutto il resto.
Nello specifico, voglio sottolineare che David Bowie non è mai stato nel pantheon dei miei artisti preferiti, pur rispettandolo ed ammettendo la sua importanza per la scena musicale anni 60/70, anche se non è questo il punto, come non lo è il fatto che una persona possa dispiacersi per la morte di un suo idolo musicale. A tale proposito confesso tutto il mio odio (sentimento che riservo a pochi eletti), per quelli che commentano: “Be, ma in fondo è morto un cantante, mica uno che salvava vite…”, e altre fesserie di questo genere. Chi siamo noi per giudicare? Alla morte di Rodolfo Valentino si registrarono tentativi di suicidio, per dirne una, o la commozione suscitata dalla morte di un pilota (Senna, Simoncelli, Kato, sono solo i più famosi). Occorre avere rispetto per il sentimento in se e peccare di leggerezza in questo senso mi irrita profondamente, le passioni sono importanti e che si tratti di sport, cinema o musica poco importa, il dolore per la scomparsa del nostro idolo merita tutto il rispetto del caso.
Paragonare tale dolore con quello per la perdita di un familiare è sbagliato, sono due sport diversi ma in un certo senso possono aiutare a inquadrare meglio quello che rimane a tutti gli effetti un mistero, cioè la morte stessa.
C’ è poi, soprattutto ultimamente, tutta una parte di questo discorso legata al “come lo spiego ai bambini”. La mia opinione è che ci sia qualcosa da spiegare e molto da imparare sull’ argomento. In primo luogo leggo che questo spiegare si rende necessario visto il proliferare di attacchi terroristici e i conseguenti servizi in tv e francamente rispondo che la mia tv NON trasmette telegiornali e dubito lo farà per molti anni a venire e non certo per paura o ipocrisia, ad Alma abbiamo spiegato fin da subito chi era Maia, ogni tanto viene con noi al cimitero e ne parla con una certa tranquillità.
Per spiegare la morte, purtroppo, noi non abbiamo bisogno di accendere la tv e forse proprio per la nostra tragica esperienza non ne siamo minimamente attratti. Sento molta gente infatti che è letteralmente affascinata, drogata da fatti di cronaca nera, morti, morti, morti… e ancora morti, forse per esorcizzarla, forse per capirla, non saprei, trovo però la cosa molto fastidiosa. È mia opinione che la morte vada accettata per quello che è, nel momento in cui arriva, se poi arriva a settant’ anni (sessantanove per la precisione), forse è il caso di gioire per quello che l’ artista, o chi per esso ci ha lasciato.
Non sto dicendo che sia facile, l’ elaborazione di un lutto è una delle cose più complesse nella vita di una persona, bambini compresi, dico semplicemente che il momento della morte di una persona, che sia un attore, un cantante o un parente capita quando “ è arrivato il suo momento” e questa potrebbe essere l’ occasione per spiegare ai propri figli cosa succede e come gestire la cosa, per il resto direi che dover spiegare ad un bambino così è la morte dopo aver visto un telegiornale… è pura follia, oltre che una violenza psicologica inaudita verso un figlio, magari piccolo.