In nome del padre, essere padri nel carcere di San Vittore

Tonino_MiliteDi tanto in tanto vengo contattato da persone/associazioni/società e via dicendo che mi propongono storie e prodotti vari, si tratta quasi sempre di cose interessanti e io ne parlo sempre molto volentieri ma stavolta, con tutto il rispetto per gli altri, l’ esperienza che mi è stata proposta è assolutamente unica, anche se, potenzialmente, chiunque di noi potrebbe venirne coinvolto. Mi è stato proposto di partecipare ad un laboratorio di scrittura… nel carcere di San Vittore.

“In nome del padre”, questo il nome del laboratorio ideato e realizzato da Progetto Ekotonos e Verso Itaca Onlus, una serie di incontri, all’ interno del carcere Milanese in cui si è scritto a proposito della paternità, sotto vari punti di vista. Papà esterni e papà “interni” chiamati a confrontarsi sul comune tema della paternità.

Com’ è andata? Esperienza molto forte, l’ impatto stesso con il carcere, inteso fisicamente, non è certo stato facile, l’ incontro con i carcerati è stato per certi versi strano, non sapevo cosa aspettarmi e ad essere sincero ho avuto la sensazione di stare con persone “normali”, che hanno sbagliato e che stanno “pagando” i loro errori, ma anche dei padri, di ogni età e cultura, perché in fondo, anche se sei in carcere, sempre padre rimani e se c’ è una cosa che ho capito è che, per una ragione o per l’ altra, quella del carcere è un’ esperienza che, potenzialmente, potrebbe toccare chiunque, anche noi!

Il 25 maggio si è svolta la serata (un pomeriggio in effetti), conclusiva in cui sono stati letti alcuni testi, è intervenuto anche il Sindaco Pisapia, io purtroppo non ho potuto essere presente, ho dovuto scegliere fra questo e la premiazione di Alma, ho scelto mia figlia e ne sono molto contento, in compenso ho deciso di condividere i testi scelti per la serata, mantenendoli volutamente grezzi e schietti, senza correzioni perché così è la vita, quella vera.

Alcune istruzioni su come leggere, i testi sono anonimi e mescolati, papà esterni e papà carcerati, senza alcuna distinzione, i temi sono indicati di seguito e comunque si è deciso di non mantenere una scaletta fedele alla linea temporale. In conclusione una metafora con cui i protagonisti si sono descritti, colgo l’ occasione per ringraziare Carla Chiappini e Laura Gaggini, che mi hanno dato la possibilità di vivere un esperienza estremamente forte e unica.

I temi:

-Il primo ricordo di tuo padre

-Quella volta che sono diventato padre

-Il futuro di mio figlio, lettera aperta

-Quella volta che ho deciso di dire o non dire la verità

 

San_Vittore

La rotonda di San Vittore

 

Oggettivamente nella mia esistenza ho avuto tre padri: il primo è quello biologico che quando avevo tre anni mi lasciò in una parrocchia di san Paolo; il secondo è quello che mi ha portato qui tramite un’adozione internazionale, ma la cosa non andò bene e mi ritrovai undicenne in una comunità di ragazzi minori con problemi familiari. Infine quello che considero davvero come mio padre: si chiama Guerrino e ora ha 76 anni appena compiuti, non ha più un capello nero, ha i baffi e una presenza impossibile da trascurare. Per me è un esempio; come molti ha sempre lavorato. Cominciò come magazziniere e, nel contempo, studiava fino a ricoprire la posizione di dirigente farmaceutico. Mi ha insegnato tante cose; a volte lo ritenevo noioso nell’espormi le sue esperienze e la sua conoscenza; ora che sono adulto ritengo che avrei dovuto ascoltarlo di più. Tutto ciò che mi aveva predetto si è inevitabilmente avverato. I ricordi più piacevoli sono le battute di pesca e i suoi manicaretti; sembra un burbero capricorno ma ha un cuore e una dolcezza che usciva talvolta sì e altra no. Mi mancano le sue grosse mani che a volte ho costretto a colpirmi … ma è successo solo un episodio, perché capì che con me era meglio ragionare e spiegarmi le cose. A volte davanti alla televisione mi accarezzava il testone e mi faceva capire che mi voleva bene. È tuttora così; mi scrive, mi procura ciò che chiedo e spera sempre che io ritrovi la strada maestra e il fatto che ci spera è come se credesse ancora in me. Nonostante tutto ho ancora la sua fiducia e con mia figlia è un nonno eccezionale; è come un orso che si fa fare tutto da un cucciolo d’uomo. Per me, nel suo piccolo, è un grande e mi ritengo fortunato di averlo nella mia vita.

 

Il primo ricordo di mio padre è praticamente uguale all’ ultimo; ieri sono andato a trovarlo e stava dormendo. Assente, non per colpa sua, non per cattiveria, semplicemente è un uomo fatto così, un uomo d’altri tempi, forse. Tempi in cui il lavoro veniva prima di tutto, anche prima dei propri figli. Una colpa? No, un esempio per me, un esempio che mi porta ad impegnarmi, praticamente, come padre prima ancora che come uomo. Mi è mancato molto e forse mi manca ancora oggi. Aver avuto un padre assente, non voglio che questo pregiudichi il mio essere padre. Non giudico; chi sono io per farlo? Ma voglio tenerlo sempre presente, sempre, voglio ricordare la sua assenza nel quotidiano come nei momenti importanti della mia vita e se questo significa commettere errori diversi, ben venga! GRAZIE PAPÀ, GRAZIE COMUNQUE.

 

Il ricordo che ho di mio padre è di un continuo trampolino che mi dà sempre una sicurezza nelle scelte che faccio; anche l’immagine che è raffigurata sulla carta rispecchia il desiderio che mi è rimasto di mio padre. C’era sempre con le mani a darmi coraggio anche quando in mezzo c’era un vuoto … esistenziale.

 

Oggi sono molto più sicuro di me e sento le responsabilità così forti come la sua presenza. Questo è il mio più grande ricordo.

 

Mio papà è morto quando avevo 7 anni. Mio papà mi diceva di non rubare. Lo zio di mio papà è stato in galera e si è impiccato in carcere. Mio papà diceva sempre che dovevo lavorare.

 

Mio papà è sempre stato un bambino. Nel senso che, pur avendo una famiglia, un lavoro e dei figli ha sempre tenuto un comportamento fanciullesco, fatto di grandi passioni e di un po’ di incoscienza. E, per me bambino di pochi anni, non sempre è stato facile convivere con un papà Peter Pan che a volte mi metteva in imbarazzo con il suo comportamento un po’ sopra le righe. E mi ricordo di quando – io piccolissimo – mi portò a fare un tifo scatenato per l’Inter, imprecando a voce alta per ogni azione sbagliata e per ogni fischio contrario dell’arbitro. Al momento del goal dell’Inter vidi mio padre felice come non l’avevo mai visto prima e ho amato quel papà felice. Però sono diventato milanista …

 

Il mio padre, l’uomo più grande, che purtroppo è mancato nel 1993 quando ero ancora giovane. Avevo 17 anni. Oggi che sono cresciuto e sono diventato anch’io padre lo ringrazierei tantissimo, perché mi ha insegnato tanto: a studiare, a fare attività sportive ma soprattutto era un grandissimo responsabile di otto fratelli. E spero che lo sono anch’io per i miei figli. Buon’anima.

 

Mi diceva: “Studia perché non devi fare la fatica che ho fatto io per vivere”. La cosa che più mi è rimasta dentro è quella sua fatica, una fatica per raggiungere il suo obiettivo: quello di garantire una tranquillità, una casa e gli studi per i suoi figli. Io vivevo quella fatica come un avversario, una condizione che mi sottraeva affetto, parole, vicinanza. Non c’era tempo per stare con me, per una vacanza insieme, per una semplice passeggiata. Un giorno, intorno ai 10 anni, di fronte alla solita esortazione a studiare a studiare per farmi una carriera, gli ho urlato in faccia che io, più di tutto, volevo un padre, volevo del tempo con lui, volevo che mi chiedesse che cosa era importante per me e che della cultura me ne fregava nulla. Ricordo quei minuti di silenzio, mi aspettavo una reazione violenta, si mise a piangere, era la prima volta che lo vedevo piangere. Quando penso a mio padre, vedo soprattutto quelle lacrime.

 

Quando sono diventato papà ero in carcere in Grecia e mi piaceva, sono diventato papà, ma non avevo sentimenti, mi piaceva l’idea. Quando sono uscito mi piaceva parlare e giocare con lei che ora ha preso tutto il mio cuore e non posso vivere senza di lei, che ora è tutta la mia vita.

 

Ho deciso di dire la verità a mia mamma, quando mi hanno arrestato. Le ho telefonato e le ho detto che era colpa dei miei soci se ero qua. Ho deciso di dirle la verità, perché avevo bisogno di soldi per l’avvocato e soprattutto per dirle di andare a prendere i bambini, che altrimenti sarebbero rimasti da soli perché è stata arrestata anche mia moglie. Adesso due dei miei bambini sono da mia mamma e li sta crescendo lei. Tutti i mesi chiamo a casa e parlo con i miei bambini. Anche ai miei figli ho detto la verità, perché mi hanno chiesto dov’era la mamma.

 

Ho cinque figli e la mia vita è sempre stata una bugia. Non è facile raccontare tutte le bugie, ho soltanto coperto l’immagine sbagliata di un padre, tante volte coperto di ipocrisia. Non riesco così ad esprimermi, è così difficile parlare in queste condizioni.

 

Innanzitutto mi chiedo che senso ha dire o non dire la verità, visto che tante volte ho mentito a fin di bene e tutti sono rimasti contenti. E quando ho detto la verità non sono stato creduto e ne ho tratto degli svantaggi.

 

Qualche settimana fa ho telefonato per la prima volta da San Vittore a mia figlia Nicole. Lei mi ha fatto una domanda semplice ma insidiosa: “papà perché sei lì in prigione?”. Per una frazione di secondo rimango basito. Per darmi il tempo di trovare una risposta adatta a una bambina di 5 anni. E mi è uscito: “Ma se papà ti dice la verità, gli vuoi bene lo stesso?” e lei: “Certo papà”. Allora senza ulteriori indugi gli ho detto: “Papà ha rubato”. Lei mi disse con stupore: “No, hai rubato?”, “Sì l’ho fatto”. “Ma papà, non hai pensato a me, quando l’hai fatto?”. Dalla verità passai alla menzogna: “Certo, amore, che ti ho pensato, ma papà aveva bisogno di soldi” ed è finità lì perché sviai il discorso. Stamane al colloquio mi ha detto: “ma papà, non potevi chiedere ai nonni i soldi?” e io gli ho detto: “no, amore, perché papà è grande e non ho voluto chiederli ai tuoi nonni, perché voglio essere autonomo”. Nella mia vita verità e menzogna si fondono come una lega di metallo, ma preferisco la sincerità, perché per dire palle occorre avere una memoria della madonna, cosa che io non ho, invece essere sincero ti fa dormire tranquillo.

 

Oggi il tema è abbastanza complicato (il futuro dei figli, ndr) perché come tutti i genitori vorremmo che i nostri figli prendendo esempio da noi e dai nostri consigli si indirizzassero verso una strada senza ostacoli ma… Quello che ho scritto non è quello che avviene nella realtà, io per esempio ho una figlia di 28 anni e uno di 14 anni. La prima, non potendola seguire, vista la mia separazione quando lei aveva 11 anni, ha praticamente fatto sempre di testa sua, il secondo, che ho seguito e continuo a seguire, penso che farà anche lui quello che vuole, anche se vivendo con me mi dà la consolazione di farmi credere che ascolta i miei consigli. In conclusione io vorrei tanto che i miei figli abbiano una vita felice e che possano comunque ricordarsi che i miei consigli, giusti o sbagliati, erano dettati dal grande amore che nutro per loro.

 

Onel, so che questo periodo senza di me ti è molto difficile e che ti manca la figura paterna. Adesso tu sei grande e io che vorrei dire? voglio che tu mi sostituisci per questo periodo che mancherò, che dai coraggio ai nonni, che stai vicino ai tuoi fratelli e che tu ti laurei. Mi mancate tanto, tuo padre.

 

Cara Martina, vorrei dirti che papà ti ama tantissimo e che vuole stare sempre con te. Mi manchi tantissimo e vorrei essere vicino a te per giocare, parlare, sentire la tua voce quando parli come il canarino Titti.

 

Cara Francesca, vorrei dirti una cosa…oggi hai dodici anni e sei nel turbine della adolescenza. Avanzi decisa nella tua vita, sai cosa ti piace e cosa non ti piace oggi. E domani, spesso, cambi idea, procedendo allo stesso modo di sempre, decisa a far valere il tuo pensiero, a volte diverso da quello che ieri era la tua verità. Sei un torrente impetuoso che a volte travolge quello che trova sul suo corso. E a volte indugia e gira in tondo, faticando a trovare il suo sbocco. A volte vorrei dirti io cosa è giusto che tu faccia, ma spesso mi trattengo. Certo, ti voglio avvertire e impedirti di fare grossi sbagli. Ti impongo delle regole, e pretendo che tu le segua. Ma per tante cose è ormai tempo che sia tu a scegliere, anche di sbagliare. Come è difficile, però. Non sei più bambina, per cui decidevano tutto i tuoi genitori. Non sei ancora grande abbastanza da poter decidere da sola della tua vita. è un po’ una danza, in cui procedi di qualche passo per tornare indietro di uno. Vai avanti, scarti di lato, torni indietro e ci trovi ancora, me e tua madre, lì con te a rassicurarti. Corri un poco poi rallenti. E verrà un giorno che volerai.

 

Io mi sono trovato improvvisamente a essere papà e a fare il papà. Per me è stata una sensazione strana ma magnifica, per nulla preoccupante. È stato un regalo del cielo, un’emozione indescrivibile nata improvvisamente e in modo sorprendente. Ho fatto il primo passo con molta gioia e piacere, l’ho fatto e non sono più riuscito a tirarmi indietro, l’ho sentito al 100 per 100 parte di me. Si chiama Zakaria, facevo tutto come un padre normale e – non voglio essere vanitoso – lo curavo meglio della sua mamma, non perché lei è meno attenta e affettuosa ma perché ero io esageratamente premuroso, al punto di rubare la cena e creare dei disagi quando c’erano parenti o amici. Purtroppo questa bella favola è stata interrotta ma non è finita. L’unico contributo che posso dare ora è pregare tutti i giorni per lui e per la sua mamma. Che la pace sia con loro e con tutti noi.

 

Io nella mia vita ho sempre detto la verità di qualsiasi argomento. È capitato comunque in qualche occasione che per difendere alcuni compagni ho detto qualche bugia, ma a fin di bene, perché non volevo venissero castigati dai preti o dalle suore. Poi penso che dicendo la verità ti senti meglio, anche se molte volte dicendo la verità ad alcune persone possono sentirsi tradite o ferite. L’unica verità che non ho mai detto è a mia moglie, quando si è ammalata di un brutto male, ma non ho mai avuto il coraggio di dirle la verità.

 

Cara Emma, vorrei dirti una cosa in questo giorno del tuo diciottesimo compleanno, e te la scrivo, perché mi viene più facile. 18 anni sono un passaggio importante verso ciò che sarai ed è qui che io provo a parlarti: ti auguro di essere aperta alle persone che incontrerai, di avere fiducia nella possibilità di dir loro cose piacevoli e spiacevoli. Ti auguro nelle relazioni che avrai di riuscire ad avere sempre presente dove tu sei, di avere attenzione per il tuo sentire, le gioie, le paure, i dolori. E di rispettarli. E ti auguro infine di riuscire a far altrettanto, di avere la stessa attenzione nei confronti delle molte esperienze che avrai e delle persone che incontrerai e di rispettare il loro sentire e anche quella parte di loro che senz’altro ti sfuggirà.

 

LE METAFORE

Io sono un orto o un campo coltivato da curare in ogni sua stagione, seminare, innaffiare, curare e raccogliere. Talvolta può arrivare la tempesta e l’orto va distrutto; a me è successo ma non mi sono dato per vinto perché quel che conta è il terreno: se è buono i frutti non mancheranno. Luca

 

Io sono un pennello che mischia colori, dà tonalità. Amo dar vita a tele bianche. Fabrizio

 

Io sono come lo zenzero: fresco da vedere ma piccante e salutare da mangiare. Michel

 

Io sono un gabbiano perché comunque mi sento libero. Enrico

 

Io sono invincibile come il mio cuore che nessuno può distruggere. Griseld

 

Io sono una montagna. Leo

 

Io mi immagino come una spugna che assorbe le storie, le parole, le immagini che ogni giorno arrivano alle mie orecchie e ai miei occhi. E ogni tanto è bello essere strizzato per rilasciare un po’ di quello che ho assorbito. Anonimo

 

Come il deserto: difficile da scoprire però molto caldo. Anonimo

 

Sono una betulla che sta vicino al PO: il vento la piega ma non riesce a spezzarla. Carla

 

Io sono come una castagna appena caduta da un albero che si mostra spinosa e brutta ma, se qualcuno ha del tempo da dedicarmi, scopre che dentro di me cì’è un frutto che, cucinato, è dolce e buono. Bruno

 

Io sono come una pianta in primavera. Arben

 

Io sono il bozzolo di un bruco in attesa di essere farfalla. Daniel

 

Io sono come una panchina che qualche conoscente vi si appoggia per ricevere consigli. Rosario

 

Io sono come il tramonto che ti incanta e ti fa pensare alle sue sfumature di colori arcobaleno sotto il sole e la luna sotto il cosmo perché non è il mondo che fa me ma come tanti siamo noi che facciamo il mondo. Cosma

 

Io sono un libro, un po’ polveroso, dimesso, di carta spessa che odora di carta. Un libro che non vuole stare chiuso, che ha storie da raccontare e spazio per accogliere le storie scritte da altri. Marco

 

A volte penso di essere una vetta irraggiungibile piena di segreti nascosti difficili da scoprire ma vorrei tanto che qualcuno riuscisse a farlo per poter liberare cose che non riesco a dire. Giulio

 

Io sono un fiume di montagna che scende dalle vette al mare. Marco

 

Ho sempre amato il temporale, lo scatenarsi improvviso di vento, nuvole e pioggia. E una certezza: il sereno di lì a poco. Corrado

 

Io mi sento come la terra, dipende dall’umanità: se sa seminare nel mio terreno coltiverà ottimi frutti, altrimenti pessimi frutti, i peggiori che può creare, addirittura la catastrofe. Minaser Salaia

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