Prima di tutto vorrei ringraziare Massimo Zerbeloni, grazie al suo progetto (papà al centro), ho potuto conoscere Maria Letizia Bosoni, autrice del libro Conciliare paternità e lavoro, uno scritto frutto di anni di studi riguardo l’ evoluzione del ruolo paterno, serata estremamente interessante, anche perché al di la di alcuni blog e qualche articolo, quello dei “padri moderni” rimane ancora un argomento abbastanza nebuloso e di cui poco è stato scritto, la stessa autrice si è detta meravigliata della totale assenza di letteratura in merito, quantomeno fino al 2008, anno in cui è nato questo studio, le interviste fatte ai manager e ai dipendenti di varie aziende ed il confronto con il resto dell’ europa (e degli Stati Uniti), hanno reso ancora più preziosa tale opera.
Durante la serata sono emersi temi di cui effettivamente poco si parla come la visione della paternità dal punto di vista dell’ azienda e di come questo sia recepito dal dipendente, se da una parte infatti abbiamo un azienda che fa molto per facilitare il congedo dei padri dall’ altra abbiamo dei padri felici ma lucidi nell’ affermare che l’ azienda sta comunque sostituendo lo Stato in fatto di assistenza e questo è un po’ meno bello.
Si è poi evidenziata una diversa opinione riguardo la sovrapponibilità della sfera personale rispetto a quella lavorativa, se il manager tende a far combaciare il più possibile le due cose, il dipendente è più incline alla separazione, pur nutrendo grande rispetto per l’ azienda.
Un altro aspetto che molto mi ha colpito è la centralità che ricopre ancora il ruolo della madre nell’ ambito lavorativo, “A far la differenza è il lavoro di Lei“, un affermazione con cui concordo pienamente e che mi ha dato da pensare, oltre alle buone intenzioni infatti bisogna fare i conti e allo stato attuale rimane molto da fare riguardo la precarietà del lavoro femminile, ecco spiegato perché spesso e volentieri, è la madre a rinunciare ad una parte di stipendio in favore di tempo da dedicare ai propri figli, innescando così un meccanismo “conservatore” per quanto riguarda la paternità e credo di non esagerare definendo questo come il “peccato originale”, ossia un insieme di lacune in cui lo Stato (purtroppo) si distingue.
La logica conseguenza a livello famigliare è un eccezione tutta italiana ovvero i nonni, più che mutua-assistenza, una vera colonna a cui si appoggiano le famiglie di oggi, la lontananza o l’ assenza di queste figure complica non poco le cose, se poi le aziende non sono disposte a venire incontro ai propri padri-dipendenti ecco che l’ unica alternativa è tornare ad un ruolo quantomeno canonico di padre-lavoratore.
La ricerca, per stessa ammissione di Maria Letizia Bosoni è un punto di partenza (molto buono aggiungerei), mancano infatti all’ appello tutta una serie di figure come i liberi professionisti, i disoccupati e altro ancora ma sono dell’ idea che leggere degli studi come questo possa far comprendere meglio il cambiamento di cui siamo parte noi padri. Sono dell’ idea che certe cose i padri le abbiano sempre fatte, non sta tanto qui l’ innovazione, quanto la percezione del diritto più che del dovere di dedicare tempo ai propri figli, la vera novità è che se ne parla, si studia e al tempo stesso si creano esempi per i papà di domani.