Finita!!!!!!!!!! Finalmente la settimana del mobile è finita! L’ avvenimento clou (a livello mondiale!) si è cocluso ieri con numeri da record in quanto ad affluenza, si parla di quasi 400mila visitatori, un +4% rispetto allo scorso anno, più tutto il fuorisalone ormai dislocato in tutta Milano, vera e propria capitale in tal senso.
Ma, ovviamente, non è di design che mi preme parlare, bensì del fatto che, avendo lavorato in uno stand per tutta la durata della fiera sono stato meno presente del solito a casa e ho passato meno tempo con le mie bambine, pur essendo a casa tutte le sere più o meno per l’ ora di cena. Questo mi ha dato modo di riflettere su alcune cose, la prima è che mi sono mancate un po’, la seconda è che mi è dispiaciuto non essere in piena forma la sera, con la sveglia alle 6 e 10 ore ininterrotte passate a fare caffè e cappuccini sulle spalle ammetto di essere stato un po’ stanco la sera, nonché di essermi addormentato un paio di volte mentre leggevo la favola ad Alma.
Mi è dispiaciuto non esserci stato sia il sabato che la domenica anche se in fondo si è trattato di una settimana scarsa ma per me si è trattato di un tuffo nel passato. Il lavoro, cameriere per catering, pur essendo stata una breve parentesi lavorativa della mia vita, mi è sempre piaciuto, stancante certo ma anche divertente, diciamo che l’ ho abbandonato per due motivi, il primo è quello dell’ età (pensateci un attimo, quanti camerieri ultraquarantenni vedete in giro?), il secondo è il tempo per la famiglia, nel 2011 ricordo d’ aver visto Maia qualche giorno in due mesi, ma se si pensa che in un mese al tempo lavoravo 300 ore (TRECENTO!), ecco spiegato il perché di questa decisione.
I motivi che mi hanno portato a lavorare per tutta la settimana come cameriere sono solo ed esclusivamente economici, in più avendolo già fatto in passato conoscevo perfettamente i dettagli della cosa, ma la riflessione è di più ampio raggio. Prima di tutto il fattore tempo, sono conscio del fatto che il tempo abbia un prezzo e io ho deciso di “spenderlo” con le mie figlie, c’ è chi decide di spenderlo al lavoro magari in funzione di maggiori guadagni (non voglio essere polemico ma di questi tempi pare che salvino tutti vite umane…), no, io ho deciso diversamente e questa settimana mi è servita per confermare le mie scelte, preferisco stare con le mie figlie, almeno il sabato e la domenica.
La seconda parte della riflessione è che purtroppo ci sono molti che non possono decidere, soprattutto di questi tempi, ho avuto negli anni colleghi “costretti” al lavoro, di giorno, di sera, il sabato, la domenica, perché altrimenti non si arriva a fine mese. Ecco, io sono stato fra questi ma ad un certo punto ho deciso di darmi da fare diversamente, ho deciso di cercare altre soluzioni, ho deciso di costruire la mia casa con i mattoni del tempo dedicati alla mia famiglia. Per certi versi è stata una scelta obbligata, per altri voluta, certamente non facile ma estremamente ricca di soddisfazioni, soprattutto al giorno d’ oggi, in cui molti “colleghi” amano riempirsi la bocca con frasi fatte salvo poi delegare sempre e comunque i figli a nonni, tate ecc ecc, al grido di “LAVOROOOOO…….”, No grazie, ho già dato con mio padre.
L’ altra faccia della medaglia, l’ altra parte del ragionamento è che però i figli, prima o poi crescono e il rischio è quello di passare troppo tempo a fare il genitore e poco ad essere se stessi, inteso come uomo, come individuo e anche come lavoratore. Durante questa settimana mi è capitato di rincasare all’ ora di cena e ho potuto constatare essere una cosa possibile, nella maggior parte dei casi è normale. A completare il ragionamento c’ è il lato economico, purtroppo con un lavoro part-time non ce la faccio e per quanto tempo io possa passare con le mie bambine rischio di comprometterne la qualità, perché nell’ ultimo anno le rinunce si sono susseguite non poco. Niente di clamoroso anzi, però è pur vero che al momento la bilancia è un pelo squilibrata, troppo tempo libero (che poi libero non è se sei presente come padre e come marito…) e troppo poco dedicato al lavoro, o forse semplicemente troppo-poco-pagato, ma questa è un’ altra storia, forse.